Vie Unte e Considerazioni
A molti sarà capitato in Montagna e soprattutto in Falesia di percorrere delle vie che in alcuni passaggi, siano essi appigli o appoggi, presentano un grado di scivolosità elevato dovuto al gran numero di ripetitori, ognuno dei quali lascia le sue impronte,specie in periodi caldi.
In Montagna avviene solo su vie super-classiche e di solito di accesso vicino, ma che non rappresentano la regola ed è quindi facile difendersi scegliendo altri itinerari vicini o limitrofi.
In Falesia viceversa l'untura delle vie rappresenta un problema, in quanto anche scegliendo delle vie vicine il fenomeno è presente su tutta la struttura.
Il fenomeno dell'unto delle vie dipende per gli appigli dal sudore delle dita delle mani e per gli appoggi dalla bicicletta che si effettua con la sua suola delle scarpette.
Si avverte maggiormente nei passaggi "chiave" delle vie in quanto il climber staziona di più per studiare il passaggio e di come vincerlo.
L'unto dipende molto dal tipo di roccia che se, apparentemente sembra uguale, non è mai uguale come composizione.
Ci sono rocce che io chiamo "marmoree" che si lucidano con facilità, mentre altre "porose" si ungono con maggiore difficoltà e si presentano comunque più prensili di altre.
L'effetto di scivolosità che si avverte non è sempre uguale essendo dipendente dalla temperatura ambientale, dalla umidità relativa, dalla temperatura della roccia.
Infatti si ha una maggiore adesione in giornate ventilate, con temperatura ambientale inferiore o non superiore a 20° C, in tarda Primavera e Autunno inoltrato con la roccia che ha rispettivamente una temperatura inferiore o superiore a quella dell'ambiente.
Influisce anche l'esposizione geografica della parete e se al momento è esposta al sole o è in ombra.
Il sudore delle mani lascia sugli appigli dei grassi naturali che sono solubili in acqua, ma ne occorre una grande quantità se non è accompagnato da detergenti, o soprattutto con la neve.
La natura di piogge e di neve ce ne fornisce una buona quantità che in molti casi è sufficiente a lavare gli appigli, purchè la parete non sia perfettamente verticale o strapiombante e quindi difficilmente raggiungibile se non con stravento.
Per ovviare all'untura non esiste una ricetta risolutiva, ma tanti piccoli accorgimenti che insieme possono risolvere in parte il problema:
1) Nelle zone dove esiste più di una falesia, conviene abbandonare per un anno la falesia incriminata, in modo di dare il tempo alla natura di ristabilire l'equilibrio.
2) Per quelli che nelle loro vicinanze dispongono di una monofalesia posso suggerire, anche se è facile dirlo ma difficile da realizzare, di arrampicare con la massima precisione ed equilibrio in quanto è il solo modo che riduce il disagio dell'unto.
Gli appigli unti è meglio tirarli con minore forza, perchè più si tira aumenta la propria sudorazione e facilita ulteriormente lo scivolamento.
Se l'appiglio lo consente è meglio allargare le dita in modo da aumentare la superficie di adesione.
3) Pulire gli appigli o appoggi con qualche sistema.
Sconsiglio l'uso di spazzole metalliche che generalmente aumentano la lucidità della roccia.
Sconsiglio inoltre l'uso da maniscalchi di un martello che rischia di rompere gli appigli, e comunque solo applicabile per appoggi.
Qualcuno ha provato a spalmare della "Sika" o resine equivalenti, efficace al momento ma che in poco tempo si deteriorano o a loro volta si rilucidano.
Qualcuno ha provato ad usare acido cloridrico che scioglie l'unto e corrode la roccia, ma va bene solo se molto concentrato e ustionante per l'operatore.
Il metodo che credo sia più agibile è l'uso di detergenti liquidi altamente sgrassanti e concentrati uniti a uno sfregamento con spazzola di saggina con lavaggi di acqua.
Questo metodo è certamente faticoso e lungo, ma così è anche l'arrampicata e la vita.
Il problema che ne consegue è chi deve eseguire queste operazioni.
Se si lascia alla libera iniziativa senza una direttiva, ci si può trovare di fronte a lavori eccelsi come ad aborti e rovinii.
Affidare di obbligo questo lavoro a chi ha aperto la falesia, mi sembra una forzatura e la legislazione che io sappia non dice niente in proposito.
Codificare un regolamento verrebbe fuori il solito conflitto di competenze e anche qualora sia chiaro chi deve farlo sarà facile per l'ente preposto sottrarsi con la scusa di mancanza di fondi e come dargli torto con tutti i problemi che ci sono, di dare ascolto a questo problema futile.
L'unica soluzione è affidarsi ai gruppi di volontari locali che con passione e dispendio di tempo vorranno cimentarsi e ai quali va il nostro ringraziamento.
Se poi qualche sponsor, come per la chiodatura delle falesie, si fa avanti non solo è ben accetto ma benvenuto.